Il ravvedimento parziale è applicabile retroattivamente

Il ravvedimento operoso parziale, introdotto dal 2019, è norma di interpretazione autentica e vale anche per il passato. Inoltre, trattandosi di favor rei, si applica anche di ufficio, all’unica condizione che si dia conto della correttezza dei calcoli e dell’effettività dei versamenti.

Il “nuovo” ravvedimento operoso parziale

Introducendo una norma di sicuro favore nell’ottica della compliance e, allo stesso tempo, ponendo la parola fine a una prassi degli uffici spesso contrastante, il legislatore tributario ha previsto, a decorrere dal 30 giugno 2019, l’istituto del ravvedimento parziale di cui all’art. 13 bis D.Lgs. 472/97, il quale consente di beneficiare della “tradizionale” riduzione della sanzione, derivante da versamenti omessi o carenti, anche solo in parte.

La norma, a ben guardare, esordisce affermando che “l’art. 13 si interpreta”, in tal modo dimostrando, anche sotto il profilo lessicale, che l’intento del legislatore sia stato proprio quello di stabilire un principio generale, valido anche per le fattispecie verificatesi in precedenza, purché non divenute definitive. Il principio, pertanto, si applica anche ai giudizi in corso come quello in argomento (a condizione, dunque, che non si sia concluso con sentenza passata in giudicato) e ne consente l’applicazione anche di ufficio da parte del giudice, trattandosi di una ipotesi di favor rei.

In questa direzione si colloca la recente sentenza della Cassazione, con la quale i giudici, nel rimettere la questione al giudice di appello proprio perché verificasse l’applicazione concreta dal principio, hanno stabilito la natura e gli effetti della norma contenuta nell’art. 13 bis, fissando – come unica condizione – che il contribuente alleghi i conteggi e la documentazione comprovante il versamento ridotto.
La vicenda

Il giudizio nasce con l’impugnazione, da parte di una società per azioni, di una cartella di pagamento emessa a seguito del mancato riconoscimento di un ravvedimento operoso parziale, in epoca precedente al 30 giugno 2019 (data di entrata in vigore dell’art. 13 bis), seguito alla presentazione di una dichiarazione integrativa.

A detta dell’Ufficio, la fattispecie non era regolarizzabile con il ravvedimento e, per questo, risultava corretta la liquidazione automatica effettuata, che aveva tenuto conto della sola prima – e originaria – dichiarazione.

Di qui l’impugnazione da parte della s.p.a., che trovava il favore dei giudici sia di primo che di secondo grado. La commissione tributaria regionale, in particolare, aveva posto l’accento (nel 2012 e, dunque, quando l’istituto del ravvedimento parziale era ancora lontano dall’essere introdotto) sulla buona fede della società, alla quale, a fronte dell’incertezza normativa concernente il profilo del calcolo degli acconti a seguito di dichiarazione integrativa, spettava la sanzione (e gli interessi) in misura ridotta.

L’AE proponeva ricorso in Cassazione e la società vi aveva resistito.

Nelle more del giudizio, la s.p.a., con apposita memoria ex art. 378 c.p.c., aveva insistito per l’accoglimento delle proprie ragioni anche in virtù dell’entrata in vigore dell’art. 13 bis sul ravvedimento parziale, invocandone la portata retroattiva quale norma di natura interpretativa.

La Cassazione, prima di riconoscere come valida la tesi della società, ha escluso l’applicabilità della buona fede, come ritenuto, in un primo momento, dal giudice di appello.

Quanto alla validità retroattiva del ravvedimento parziale, invece, i giudici pur accogliendo parzialmente il ricorso delle entrate, hanno dimostrato di condividere la tesi della società, valorizzando la produzione documentale concernente i versamenti effettuati in misura ridotta.
L’efficacia retroattiva della norma e la sua natura di favor rei

Il ragionamento seguito dalla Corte ha preso le mosse dalla lettera dell’art. 13 bis, il quale, esordendo con la locuzione “si interpreta”, chiarisce la sua natura di norma di interpretazione autentica, in quanto tale dotata di efficacia retroattiva.

Tuttavia, sotto il profilo processuale, l’applicazione dello ius superveniens sarebbe stata impedita se non fossex. che ad essere richiamato, nel caso di specie, è stato il superiore principio del favor rei, la cui portata investe ogni stato e grado del giudizio.

In particolare, i giudici hanno premesso che, nonostante la sopravvenienza della norma risultasse successiva all’introduzione del giudizio di cassazione e, al contempo, nonostante la questione fosse pertinente rispetto al tema decisorio, la nuova questione, normalmente, non avrebbe potuto essere sollevata a mezzo di una “semplice” memoria, ex art. 378 c.p.c.

A fare la differenza, dunque, è stato il principio del favor rei, di cui all’art. 3 D.Lgs. 472/97, il quale è dotato di forza espansiva e, dunque, da applicarsi anche d’ufficio da parte del giudice, in ogni stato e grado del procedimento.
La prova del versamento ridotto

Consentito, in questo modo, l’accesso del principio anche alla controversia in argomento, la Corte ha preso atto che la società, in allegato alle memorie, aveva fornito la dimostrazione del pagamento delle sanzioni in misura ridotta, avvalendosi del ravvedimento parziale, in uno con lo sviluppo dei calcoli che ne erano a monte.

Questa dell’allegazione ha rappresentato condizione sostanziale perché il principio venisse effettivamente applicato; infatti, nonostante la sua natura di favor rei, la Cassazione ha ribadito come non sia sufficiente la mera deduzione dello ius superveniens, ma occorre la specifica allegazione delle prove della sua applicazione.

Al riguardo, la società, nella memoria difensiva (per questo risultata, comunque, decisiva), aveva precisato quale fosse stato il procedimento di calcolo seguito nella quantificazione delle sanzioni, fornendo, al contempo, copia dei modelli F24 con cui era stato eseguito il pagamento.

Solo così, dunque, si è dato il via libera all’applicazione, al caso di specie, della novella del 2019, dando così ufficialmente ingresso, nel panorama della giurisprudenza di legittimità, al principio innovativo e, al contempo, rispettoso della stessa ratio che ne è alla base.

  • Cassazione 10 marzo 2021 n. 6593, Art. 13 bis D.Lgs. 472/97

(Marco Ligrani)